Molti genitori vivono questa situazione: il/la loro bambin@ dice pochissime parole o, spesso, nessuna parola.
Nel panico si cercano confronti, rassicurazioni da altri genitori, da amici o dal pediatra di riferimento; questi spesso rispondono con frasi come “non preoccuparti”, “vedrai che prima o poi parlerà”, “mandalo a scuola così si sblocca!”, “ti stai fissando!”.
Ma è davvero così? È vero che è solo questione di tempo? Che basta mandarlo a scuola o farlo giocare di più con la figlia del vicino di casa?
Seppur per la maggior parte dei bambini, il linguaggio verbale (a seconda dei vari tempi) è una tappa che prima o poi si raggiungerà; esistono profili in cui il linguaggio verbale non è una tappa certa.
In alcuni deficit congeniti o acquisiti, o in profili di neurodiversità come l’autismo, non è detto che il linguaggio verbale si presenterà mai.
Spesso è proprio l’assenza del linguaggio verbale a fare da campanello d’allarme per i genitori.
Quindi, se il mio bambino non parla ancora o se la mia bambina dice pochissime parole, mi devo preoccupare?
Non è detto.
Un bambino che a 2 anni e mezzo dice poche parole potrebbe essere un parlatore tardivo.
Ma allora, se il mio bambino non parla ancora, come faccio a distinguerlo?
In primis, la diagnosi certa viene fatta da figure specialistiche in strutture competenti; tuttavia, i genitori nel loro piccolo, possono essere osservatori e possono imparare ad individuare i campanelli d’allarme.
Questo permetterebbe una rapida e chiara segnalazione al pediatra di riferimento, il quale invierà la famiglia alle strutture diagnostiche competenti.
I genitori e le educatrici se informati e/o formati, possono diventare ottimi osservatori; essi passano gran parte del tempo con il/la bambin@, cogliendo le numerose sfaccettature nelle varie situazioni ed individuando le eventuali difficoltà.
Tuttavia, devono sapere cosa osservare.
Sapere che la differenza tra un/una bambin@ autistic@ e un parlatore tardivo non è principalmente il numero di parole dette ma soprattutto le abilità comunicative, le competenze sociali, gli interessi e le abilità percettive, può tranquillizzare un gran numero di genitori preoccupati e godersi a pieno la crescita del/della loro bambin@.
D’altra parte, saper osservare i campanelli d’allarme permetterebbe un’individuazione precoce di molti bambini, con conseguente possibilità di poter iniziare il prima possibile un percorso abilitativo sfruttando la plasticità cerebrale maggiore dei primi anni di vita. Pertanto, un genitore o un educatore informato può fare veramente la differenza.